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Le celle a fuoco e le grida dei detenuti: la protesta nel carcere di Guayaquil

Cronaca lunedì 15 febbraio 2016 ore 14:19

Suicidio in carcere

Un detenuto del carcere di Porto Azzurro si è tolto la vita questa mattina, fra qualche giorno sarebbe andato in permesso familiare



PORTO AZZURRO — Sono ancora poche e frammentarie le notizie che trapelano circa un suicidio avvenuto ieri sera all'interno del carcere di Porto Azzurro. 

La vittima era un detenuto grossetano di circa 50 anni, lavorante, e fra qualche giorno avrebbe goduto di un permesso per incontrare i familiari. Sono ancora ignote le modalità e l'identità del detenuto, gli inquirenti sono al lavoro e le indagini sono in corso.

Secondo quanto riporta il Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) l'uomo "già nel passato aveva tentato di togliersi la vita in cella ma era stato salvato dal tempestivo intervento della Polizia Penitenziaria". 

“L’ennesimo suicidio di un detenuto in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari - commenta Pasquale Salemme, segretario regionale del Sappe - al di là del calo delle presenze. E si consideri che negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 17mila tentati suicidi ed impedito che quasi 125mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze. Purtroppo a Porto Azzurro, il pur tempestivo intervento del poliziotto di servizio non ha potuto impedire il decesso del detenuto”.

Nel carcere di Porto Azzurro, struttura con circa 360 posti letto regolamentari, erano presenti il 31 gennaio scorso 255 detenuti: 12 i ristretti imputati mentre 243 sono condannati. Oltre il 45% dei presenti (116) sono stranieri.

La denuncia è arrivata dal garante dei diritti dei detenuti, Nunzio Marotti, che in una nota commenta: "Il suicidio è sempre una scelta dai motivi imperscutabili, ancor più quando ci si trova in situazioni di vita complicate.

Eventi come questi devono farci riflettere. E' l'ennesima conferma che il carcere non è luogo dove sia possibile affrontare problematiche che non sempre vengono alla luce. Generalmente, si prestano attenzioni maggiori verso i nuovi giunti, ma questo vale anche per chi, come in questo caso, è in procinto di poter accedere ad una misura di esecuzione della pena alternativa al carcere. 

Bisogna quindi rivedere talune modalità di attenzione alla persona, potenziando per esempio il lavoro delle figure psicopedagogiche, segnate negli anni dai tagli governativi. E' questa l'occasione per accelerare il progetto di rilancio del carcere di Porto Azzurro per il quale, sin dall'inizio, si è impegnato il Direttore e che vede coinvolti numerosi soggetti interni ed esterni all'amministrazione penitenziaria. Accelerare vuol dire anche maggiori fondi e partecipazione del territorio".

Luca Lunedì
© Riproduzione riservata


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